UN NOME UNA GARANZIA


Caro Francesco, il piacere di raccontare a te, paziente ed indulgente ascoltatore, non si esaurisce mai!: Oggi voglio giocare con i nomi che le case motociclistiche diedero ai loro prodotti. Nomi a volte azzeccati, a volte ridicolmente fuori luogo. Fu un inarrestabile rincorsa ai temi più curiosi, dal mitologico al faunistico, dal geografico all'astronomico, iniziata e conclusa nell'arco degli anni cinquanta e sessanta. Prima della guerra era una pratica poco diffusa; si preferiva virilmente riferirsi alle cilindrate ed ai cavalli. Anche i rari nomi erano quasi sempre celebrativi, come il famoso Guzzi "NORGE", evocatore delle imprese di Nobile, .

I riferimenti ornitologici della Guzzi, sono sempre stati molto ben scelti. Con pragmatismo tipicamente altobrianzolo, i grossi monocilindrici evocavano il lento e vigile roteare dei rapaci che popolavano il cielo delle Grigne: il FALCONE, l'ASTORE. Peccato che le prede di cui si nutrivano dovevano contendersele con altri agguerriti concorrenti come lo SPARVIERO, il FALCO, e l'AQUILOTTO, comunque gia battuti in partenza, considerando che, ad onta del nobile censo, altro non erano che timidi cinquantini prodotti dalla Bianchi. Contemporaneamente, e senza competitori alimentari, l'AIRONE si procacciava i gustosi lombrichi tra i canneti del lago di Pusiano.

I boschi ed i prati che andavano disperdendosi verso i ghiaioni delle Grigne, costituivano abitazione e rifugio ad una pletora di uccelletti: LODOLE, STORNELLICARDELLINIZIGOLI. Nel cortile delle circostanti cascine razzolava il GALLETTO, aggressivo ed insaziabile copulatore. Cosa poi c'entrasse il brillante gallinaceo con la paciosità del mezzo che rappresentava, non l'ho mai capito; sicuramente sarebbe stato più adatto il Cappone, magari con qualche problema di marketing da risolvere. Incomprensibile il riferimento alle nordiche ALCI per le Guzzi militari: la Guzzi non seppe approfittare del nome di un altro rapace perfettamente indicato allo scopo del mezzo: l'Avvoltoio. Sono sicuro che i generali non avrebbero capito il nesso. Ineccepibile la scelta operata per il motocarro: ERCOLE, evocatore di possanza e di interminabili fatiche. Quante volte lo abbiamo incontrato per strada carico all'inverosimile ma inarrestabile e mascolinamente sudato. Il fratello minore, ERCOLINO, evoca invece trascorsi caseosi, immortalati dai lontani caroselli televisivi.

La Gilera, per i suoi modelli di maggior prestigio ha preferito nomi mitologici. Come non ricordare il mitico SATURNO, divoratore dei propri figli, ed anche di molti sfortunati centauri. Il NETTUNO, figlio sopravvissuto al banchetto si è trovato i propri spazi lontano dal padre. Di Giove non si sa nulla. Il motociclo militare non poteva essere impersonato altro che da MARTE. Poco attendibile il nome di un motocarro, l'AIACE, eroe omerico e re di Salamina il cui alto lignaggio poco si addiceva all'umiltà del mezzo. 

La Morini, per i suoi centosettantacinque, si ispirò ai fumosi retrobottega dei bar: Attorno ad un tavolo col panno verde e la lampada ondeggiante, assorti giocatori si scambiavano le carte in una danza dai passi mai prevedibili. Nacquero così i TRESETTE, i SETTEBELLO e le BRISCOLA.

Le Bianchi nacquero quasi tutte oltre i duemila metri: BERNINA, CERVINO, STELVIO, PORDOI, GARDENA. Per i clienti meridionali riservarono la SILA e per i liguri, il TURCHINO, molto economico.

Le Guazzoni, per ricordare orgogliosamente le proprie origini milanesi,  battezzò le proprie creature col nome di MENEGHINA.

L'Aermacchi, con un' intuizione a dir poco profetica ed autolesionista, chiamò CHIMERA il proprio modello con i più elevati contenuti tecnici ed estetici. Era troppo avanti e  fu un tragico fiasco.

La MV, del tutto succube delle note bizzosità del conte Agusta, il proprietario,  chiamò un proprio motociclo PULLMAN, forse per magnificarne capacità e confort. Incomprensibile il nome dato ad un altro motociclo: CHECCA, se non addentrandoci freudianamente nei meandri della psiche del progettista, il quale, ne sono certo, avrà dato il meglio di se nella progettazione della sella. Un occhio di attenzione anche alla clientela femminile con il modello LIBERTY, acerrimo concorrente del Mondial LADY. Ambedue promettevano  massimo confort ed assorbenza.......anche nei giorni di flusso abbondante. Se questo non arrivava, dopo un GULP! della Garelli, ci si doveva preparare, dopo nove mesi all'arrivo della CICOGNA...della Beta. Ecco cosa capitava ad aver fatto la MATTA, della Guazzoni con le note di "Sognando la California" cantata dal DIK-DIK, della Demm! Tutta colpa di quel disgraziato di BOBO, della Benelli, davvero troppo ARDITO, della Simes!. Comunque le gioie della maternità portano sempre tanta LETIZIA, della  Benelli.

Voglio infine sottolineare come la qualità e la popolarità di un prodotto riescano a far dimenticare un nome altrimenti evocatore di miasmi ed inquinamento estremo. E' il caso della LAMBRETTA, nata, sfortunata Venere, dalle acque di quell'orribile fiumiciattolo che già Bonvesin della Riva nel lontano medioevo definiva "Lamber merdarius". 

Oggi, tranne qualche italiana che non rinnega la propria identità culturale, i nomi sono stati sostituiti da incomprensibili sigle. Moda introdotta dai Giapponesi, notoriamente con poca fantasia, per consentire agli americani, altrettanto poco dotati, di produrre, in virtù del loro slang,  fonemi dal suono ancor più incomprensibile.

 

Rinaldo
(9.12.2006)