E=mc² |
La locomotiva, una
gigantesca seicentonovantuno, incuteva rispetto. La caldaia, un lungo
cilindro nero di fumo e di vecchie pitture, gravava su tre coppie di
grandi ruote motrici; in alto, un tozzo fumaiolo osservava la cabina di
guida, soffocata tra caldaia e tender. La macchina appariva intorpidita nell'inerzia del riposo; un respiro lieve esalava dal fumaiolo, dai cilindri sibilavano sommessamente sparuti soffi di vapore, intorno si spandeva l'acre alito d'olio e di lamiere surriscaldate.
Eppure, per quanto assopita,
essa conservava integra tutta la sua energia; si irradiava nell'aria
attraverso le profonde vibrazioni che solo la mente poteva percepire.
Il respiro si fa più rapido,
le grandi leve di acciaio che legano le ruote, scendono a sfiorare i
binari, poi risalgono fin sotto la nera pancia, ridiscendono, risalgono
ancora, sempre più inesorabili, sempre più veloci. Dalla ciminiera i globi
di vapore si affollano, si urtano, fondendosi infine in un unico
pennacchio biancastro.
Sta attraversando la
periferia; le case schiacciano il tappeto di binari, riducendolo a poche
linee parallele. Pochi chilometri, ed anche le case si diradano, lasciando
spazio ai capannoni delle fabbriche ed a qualche macchia di verde. Più
lontano un tram riparte dall'ultima fermata per raggiungere il capolinea.
Il vapore che, appena uscito
dai cilindri, gioca col vento intrecciandosi, sfilacciandosi,
dissolvendosi nell'aria, trasmette allegria. Gioisce anche la macchina,
liberando tutta la sua energia, unica ragione d'esistenza. Non le importa
dove stia andando nè quanti vagoni le abbiano aggiogato. Lo stridio dei
binari che si flettono sotto la sua massa, la esalta, l'elastica e
progressiva resistenza del vento la inebria.
Ancora più forte: la
velocità diventa una sensazione inquietante; tutto ineluttabilmente entra
a far parte del suo dominio. La retina non riesce più a fissare alcun'
immagine, mentre il vetro del finestrino trasmette solo il rincorrersi
d'indefinite linee parallele.
L'ultimo successivo balzo ha
trasformato il tuo corpo in una sottile lamina, come una figura ritagliata
da un foglio di carta. La macchina si è trasformata in energia pura. Lo
spazio si è incurvato; dentro il suo gelido vuoto, è solo il tuo pensiero
che fluttua, mentre l'ultimo atomo è fuggito via. Riposa; torna a salire pigro il fumo dal comignolo, ritorna il sibilo leggero del vapore che fugge furtivo dai cilindri. Osservo la stazione: è ancora quella da cui sono partito. Anche il binario è lo stesso. La macchina ha attraversato l'universo ma non si è mossa da li. Ora ricordo il commesso della biglietteria: un folto cespuglio grigiastro sovrastava la spaziosa fronte, sotto il naso sporgevano un paio di baffi spioventi, dietro le tonde lenti degli occhiali ammiccavano due occhi furbetti. Sul badge un solo nome: Albert.
Feci di tutto per avere il
biglietto d'andata e ritorno, ma sorridendo mi assicurò che bastava quello
d'andata! |