CRETA |
Non la riconosci subito
Micene: il sole del mezzogiorno trasforma le colline del paesaggio in
riarse pietraie, povere d'ombra, tutte uguali. Ti avvicini ancora; ecco
che le pietre improvvisamente si ricompongono, assumono contorni regolari,
geometrici. Micene si è arresa, hai vinto le sue difese. Adesso stai
varcando la porta dei Leoni. Gli dei hanno reso gigantesco il suo basso
fornice; il mito ha dato armonia al suo austero timpano. Fu storia antica eppur moderna: uomini contro uomini, inconsapevoli burattini sacrificati per gioco da un cinico Olimpo. I millenni sollevano la polvere dei viali in bassi mulinelli. Ora sei seduto al tuo banco di scuola, l'Iliade è aperta di fronte alle mura di Troia, davanti a te, alla cattedra, Omero ti conduce per mano tra le schiere degli eroi. Ci sono tutti; si fanno intorno a te, ognuno vuol raccontarti della propria patria. Più in la, solitario, Achille pensoso, il più grande tra gli eroi. E' la stessa magia evocatrice che sanno irradiare Tirinto, Argo, Corinto, ma quella di Micene ti resta addosso, per sempre. Col tempo, il mio sguardo emigrò ancor più lontano, verso la collina di Hissarlik, dove poter spaziare, con gli occhi di Ettore, su quella piana non ancora contaminata dalle tende achee, prima che un beffardo cavallo cancellasse Troia dalla storia dei vivi.
Ma se Micene, alla fine si
mostrò, varcando la cortina di luce, Troia restò il sogno di un incontro
mai realizzato.
Trovai alloggio presso un
piccolo albergo distante alcuni chilometri dagli scavi. L'arredamento
dell'ingresso testimoniava una lontana pretenziosità, ormai perdutasi nel
corso degli anni. Il broccato della tappezzeria, scolorito dalla luce,
rendeva visibili le testimonianze geometriche dell'avvicendamento
d’innumerevoli quadri, l'ambiziosa fattura dell'arredo portava vecchie
cicatrici lasciate da graffi, crepe, e macchie d’ogni genere.
Trascorsi i giorni seguenti
alla ricerca delle vestigia più incontaminate di Cnosso, laddove la
solennità del luogo aveva tenuto lontano le irridenti caricature dei
vecchi restauri.
Furono queste le sensazioni
che mi portai in camera l'ultima sera prima di lasciare Creta. Un
movimento eccessivo nell'aprire il cassetto dello scrittoio, lo fece
uscire dalle guide e cadere a terra. Mi accorsi allora che dal fondo,
formato da due lamine di legno perfettamente sovrapposte, penzolava il
lembo di un foglio di carta. Separai, quello che palesemente era un doppio
fondo, liberando l'inatteso ospite. Si trattava di una vecchia carta da
lettera, ingiallita dagli anni, completamente ricoperta da una fitta
grafia espressa in lingua inglese; forse la dimenticanza di uno dei tanti
turisti albionici che da sempre visitano Creta. Dovetti lottare
strenuamente contro la mia incredulità prima di persuadermi che quella
firma in fondo al foglio, chiara ed inequivocabile, era proprio la sua:
quella di Arthur Evans. Avevo da alcuni giorni intrapreso una nuova campagna di sondaggi a circa un centinaio di Yarde dallo spigolo settentrionale del palazzo reale, motivato in ciò dal rinvenimento di un inizio di percorso lastricato. Esso appariva orientato verso una non lontana gibbosità del terreno. L'inclinazione delle lastre inoltre faceva presupporre che questo si svolgesse in leggera pendenza. Gli scavi si protrassero per alcune settimane, portando infine alla luce un corridoio largo non meno di quindici piedi e lungo almeno cento. Ai lati si ergevano due bastioni in grosse pietre squadrate che partendo da quota zero accompagnavano la strada fino alla base della montagnola ad una profondità in quel punto di oltre trenta piedi. Diedi quindi ordine alla squadra di sterratori di scavare dalla strada fino all'interno del terrapieno, segnalandomi immediatamente tutto ciò che venisse rinvenuto durante quest’operazione. Ormai stava maturando in me il convincimento che quella collinetta altro non fosse che un tumulo funerario, probabilmente una tomba a tholos della stessa fattura di quelle ritrovate dal mio collega Schliemann a Micene. Fu la giusta intuizione, ma con un'unica differenza: qui l'ingresso verso la parte circolare dalla camera era sbarrata da una solidissima parete di giganteschi massi, molto più massicci di quelli che componevano i due bastioni. Sicuramente si trattava di una misura cautelare per garantire un indisturbato riposo ad un personaggio di grande rilievo. Dovetti pertanto modificare il piano d’esplorazione aprendo un nuovo scavo sulla sommità della collina, diretto verso il basso. Apparve subito evidente che la volta era franata all'interno della cavità, intasandola tutta con le pietre e la terra della sovrastante collina. Lo svuotamento della cavità occupò altri giorni di duro lavoro. Fu un tardo pomeriggio, quando venni raggiunto in camera dal capo degli scavatori, il quale, con voce rotta dall'emozione, mi disse di seguirlo immediatamente sul luogo dello scavo. Risalii ansante sul pendio della collinetta e guardai sotto. La camera sepolcrale era stata completamente ripulita dai detriti. Sul fondo al centro giaceva un gigantesco sarcofago. Mi feci calare all'interno dello scavo per poterlo osservare con maggiore attenzione; era un immenso monolito di pietra grigiastra, rozzamente sbozzato, privo di qualsiasi richiamo artistico e senza alcun’iscrizione. Le dimensioni esterne erano tali da far supporre uno smodato spessore delle pareti. Sopra di esso poggiava un' altrettanto gigantesca pietra a copertura, il cui spessore (questo facilmente verificabile) fu misurato in ben cinque piedi.
Impiegai ben oltre una
settimana prima di recuperare su tutta l'isola un argano a vapore capace
di rimuovere le migliaia di libbre del coperchio, e più di un giorno per
il posizionamento delle imbracature. Dopo alcuni tentativi la macchina,
regolata alla massima pressione, riuscì a smuovere la pietra, facendola
scivolare a lato, di quel poco che permettesse di intravederne il
contenuto.
La notte la trascorsi
insonne, perseguitato da quell'immagine che, ossessiva, si replicava
all'infinito nella mia mente. Un furibondo temporale, i cui lampi sembrava
si fossero tutti concentrati sopra Cnosso, costituì l'adeguato sinistro
commento sonoro.
Ignoto lettore, sappi che
ora tu sei l'unico a conoscenza di questo terribile segreto e che gli dei
faranno di tutto per difenderlo ancora una volta."
Caro vecchio Evans, avevi
ragione: gli dei esistono ancora, e sono terribilmente gelosi! |