COMBINAZIONE VINCENTE

La nostra esistenza scorre lungo il corso di un immenso fiume: a volte impetuoso, tormentato da improvvisi salti, rapide, gorghi, a volte pacato e sonnacchioso; le anse si alternano ai tratti rettilinei in una casualità che a noi non è dato conoscere.

Non sappiamo quando, al termine della sua eterna discesa, incontrerà il Mare. A noi è riservato solo un breve tratto ed una riva sulla quale approderemo esausti e dalla quale mai potremo ripartire. E' il grande fiume del destino dentro il quale tutti siamo condannati a nuotare, a volte lottando con vigorose bracciate, a volte lasciandoci portare dalla corrente. Non sapremo mai quanto il nostro annaspare potrà determinare il luogo del nostro approdo, ne quanto esso sarà lontano dal Mare.

La lontananza tra casa e luogo di lavoro, mi costringeva all'utilizzo di diversi mezzi di trasporto: auto, treno, metrò, e suole di scarpe. Solo nella totale assenza di imprevisti, potevo sperare di giungere alla stazione appena in tempo per saltare sul treno diretto a casa. Molte volte mi accadde di arrivare trafelato al binario, unicamente per assistere alla beffarda chiusura delle porte davanti al mio braccio già proteso ad afferrarne il corrimano, con il treno che sgusciava via sdegnoso. Potevo allora regalarmi mezz'ora di tregua stemperando il disappunto davanti alle vetrine dei negozi delle vie intorno alla stazione.

Lo trovai in terra, seminascosto tra il marciapiede ed il gradino dell'ingresso di un agenzia turistica. Era un portafogli nero, sgualcito dagli anni. La pelle, ormai screpolata, nostrava negli spigoli il colore grigiastro di una lunga usura. Lanciai dapprima una rapida occhiata intorno per cautelarmi da sguardi inopportuni e, cogliendo l'attimo favorevole, velocemente lo raccolsi e lo depositai nella mia borsa. L'intenzione, ben lungi dall'appropriarmi del contenuto, era quella di individuarne con calma il proprietario consegnando poi il tutto alle forze dell'ordine della vicina stazione. Ci si sente comunque un po'ladri quando, al di la delle più oneste intenzioni, si rinviene qualcosa che il prossimo ha dimenticato. Si agisce con un'imbarazzata circospezione, sempre pervasi da un fastidioso disagio, combattuti tra l'osare ed il lasciar correre.

Trovai un angolo appartato per poter indagare sul contenuto cercando indizi sul proprietario. Apparteneva ad una donna molto anziana. La carta d'dentità, scaduta da anni, era talmente malconcia da rendere quasi illeggibile il contenuto. Da quel che restava della foto appariva l'immagine di un volto severo, scarno, dagli zigomi alti, con i capelli raccolti, ancora neri. Quello che più mi colpì furono gli occhi. Le pupille, due punti nerissimi, indagatori, sembrava volesserto uscire dall'immagine per entrare direttamente nei tuoi pensieri. Facevi fatica a sostenere quello sguardo, sebbene riportato da una semplice fotografia. Abitava a nord di Napoli, in un paese situato presso i Campi Flegrei.
Continuai indisturbato ad esplorare il contenuto del portafogli, ma non vi trovai altro qualche banconota di limitato importo, alcune monetine, una piccola rubrica con una lunga sequela di nomi,accuratamente trascritti ma del tutto privi di recapito; solo una data a fianco di ciascuno. Considerando la lunghezza dell'elenco, scelsi di non indagare ulteriormente. Infine, separata dal resto, mi scivolò tra le mani una cartella del Superenalotto.

Consegnai il portafogli alla vicina stazione di polizia, trattenendomi però la cartella delle giocate.
Fu la modesta ricompensa che unilateralmente decisi di concedermi per il ritrovamento e la restituzione di tutto il contenuto, soldi compresi. D'altra parte, pensai,la probabilità di vincite ingenti sarebbe stata talmente remota da cancellare immediatamente il rimorso per questa piccola disonestà.
Non fu così.

Dopo alcuni giorni mi ricordai di quella schedina rimasta negletta nella tasca della giacca e, più per gioco che per convinzione, volli verificare i risultati della giocata. Erano stati estratti quattro numeri su sei: il ventisette, il quattro, il dodici, ed il sessantacinque. L'ammontare della vincita assommava a poco più di cinquecentocinquanta Euro. La riscossione immediata sarebbe potuta avvenire solo presso la ricevitoria dove era stata acquistata la cartella. Restai nel dubbio se trattenere per me la somma oppure restituirla alla donna. Di certo, considerando l'indigenza che trasudava da quel portafogli, quei pochi sodi, regalati da un parsimonioso destino avrebbero fatto molto più comodo a lei che a me e di questo la mia coscienza non potè non tenerne conto.
Trovai una brillante soluzione: mi sarei recato al paese della donna per la riscossione diretta, rimandando a quel momento la decisione sul da farsi. Il giorno successivo presi l'auto e partii: Poteva anche essere l'occasione per visitare finalmente Napoli, magari gratis.

Carmelo Russo era partito da Palermo nel tardo pomeriggio con il suo camion stipato di cassette di agrumi. Dopo un lungo viaggio verso nord, e come già fatto tante altre volte, avrebbe raggiunto la sua meta presso l'incrocio di qualche opulenta cittadina brianzola. Parcheggiato il camion in posizione favorevole, disposte le cassette intorno ad esso, scarabocchiati i prezzi su qualche grosso foglio di cartone, avrebbe atteso l'arrivo della occasionale clientela.

Era certo, in virtù dell'abbontante produzione di quell'anno, che i buoni prezzi avrebbero attratto numerosi clienti, consentendogli di fare presto ritorno a casa col mezzo vuoto ed il portafogli pieno.
Aveva viaggiato tutto il pomeriggio e la notte, approfittando del traghetto per riposarsi quel poco che la breve traversata gli aveva concesso, risalendo poi tutta la costa calabra e campana; una sosta per il rifornimento di gasolio, un panino, un caffè, una fermata ai servizi e via di nuovo verso nord. Oltrepassò il grande raccordo anulare di Roma, lasciò Firenze, e poi ancora su, verso l'appennino. Non sentiva assolutamente la fatica, il tachigrafo, opportunamente manomesso, lo metteva al sicuro da un eventuale controllo della polizia stradale. Ai nitidi contrasti che l'inverno ancora regalava al meridione si stava sostituendo una diffusa foschia, una opacità che rendeva i contorni più vaghi, pur nella eccezionalità di un inverno tanto mite.

Anche la pianura padana, oltrepassata Bologna, lo graziò dalla presenza della nebbia, protagonista tante altre volte di paurosi incubi.
Fu proprio quel sole pallido, ormai basso sull'orizzonte, quel paesaggio monotono di cascine abbandonate, di campi coltivati, di scheletrici pioppeti, quei lunghi rettilinei, quel traffico incredibilmente ridotto, e soprattutto quel monotono suono del motore che gli giungeva alle orecchie in ondulazioni sempre uguali, come la risacca si accascia sulla spiaggia, a gettargli addosso improvvisamente tutto il peso della fatica e delle ore di sonno perdute. Le palpebre divennero sempre più pesanti e sempre più faticoso divenne lo sforzo per sollevarle. Le immagini irreali del sonno iniziarono silenziosamente a mescolarsi con la percezione della realtà; l'autoradio intonò la sua migliore ninna nanna. Per un attimo le palpebre si chiusero, serenamente.

Ero partito da Milano più tardi del previsto. La batteria dell'automobile, sebbene appena sostituita, aveva smesso di funzionare. La visita dall'elettrauto mi costò la perdita di almeno due ore buone rispetto alla tabella di marcia che mi ero imposto.

Fu all'altezza di Fidenza quando un grosso camion, sbandando sulla sinistra, ed attraversando con millimetrica precisione un varco nella barriera di cemento che separa i due sensi di marcia, centrò in pieno la mia auto, scaricando sulle sue lamiere l'energia di mille bisonti.

Prima del nulla, un lampo mi portò alla mente quei numeri: solo allora capii che essi riportavano la mia data di nascita ed il giorno del viaggio.

Rividi ancora quella sdrucita carta d'identita, ed il nome della vecchia: Proserpina.

Rinaldo
(05.02.2007)