IL VOLO DELLA CICOGNA |
La cicogna aveva spiccato il volo; dopo una breve rincorsa, aveva disteso le ali al vento che dal mare risaliva lungo la scogliera. Galleggiando nell'aria tiepida, si era spinta in alto per osservare l'ultima volta il pianoro verde strapiombante sulla breve spiaggia, poi, con un'improvvisa virata, rivolse il capo verso l'oceano e si allontanò silenziosa. Le zampe, strette sotto il ventre, si allungavano all'indietro, mentre il capo, proteso in avanti, formava un'unica linea retta con il collo e la coda. Nessun altro dei suoi simili l'aveva seguita: troppo in anticipo sulla stagione e troppo sconosciuta quella rotta. Le grandi ali oscillavano lente e sicure, indifferenti sopra le onde. Il bianco uccello volava lontano verso l'ignoto, mentre, alle sue spalle, l'ampio sorriso delle falesie si spegneva dietro la linea dell'orizzonte. Sotto di lui l'acqua rispondeva con riflessi d'argento alle carezze del sole, nel gioco che li avrebbe portati a congiungersi nel tramonto.
Arrivò la notte, e fu la
luce estranea della luna ad illuminare quelle ali, sconosciute alla
fatica. Attraversò altre albe ed altre lune, fino al giorno in cui il sole
mancò all'appuntamento del mattino; al suo posto gravava un cielo livido
di nuvole, dense e globose. Irruppe tra esse il vento, volubile e violento
che prese a sfilacciarle, scomponendole e ricomponendole, in continui
nuovi disegni, sempre più grigi, sempre più cupi. Scese la tempesta.
Ondate di pioggia si abbatterono su quel corpo di piume, sballottandolo
qua e la nell'aria gelata. Eppure quelle ali continuarono a lottare,
talmente possenti da rendere inoffensiva anche la tempesta. Dalla cortina
di nebbia, fattasi ora più trasparente, un pallido sole salutò il gran
viaggiatore, promettendogli a breve il suo caldo ristoro. Fu proprio quel
sole amico ad indicargli una tenue linea scura, appena sopra l'orizzonte:
la nuova terra si stava avvicinando. Ora l'uccello bianco sorvolava ampie
praterie e sconosciute foreste d'alberi, ma quelle ali, finora tanto
instancabili, avevano ormai esaurito la loro energia: l'ampia e regolare
oscillazione si era trasformata in uno sconclusionato battito, breve e
spesso interrotto. Il volo, da sicuro e veloce, era divenuto uno
svolazzare incerto fatto di picchiate improvvise, brevi e faticose
risalite, stroncate da nuove picchiate, sempre più lunghe, sempre più
basse, fino all'ultima, silenziosa e senza risalita. Fu il prezzo che pagò
per suo viaggio più bello.
La mattina di quell'otto
Maggio il tempo si era messo al brutto; una diffusa nebbiosità gravava
sull'aeroporto, facendo presagire l'imminenza della pioggia, ma ciò non
scoraggiò i due uomini i quali, incuranti delle condizioni meteo,
iniziarono le procedure per il decollo. L'esperienza di ben altri e più
gravi rischi corsi nella loro carriera li rendeva freddi e deliberati.
Alle cinque e diciassette, dopo circa mezzo miglio di rincorsa, le ruote
dell'Oiseau Blanc abbandonarono per sempre il suolo di Francia. Pochi
istanti più tardi, la nebbia si richiuse sul velivolo, lasciando negli
orecchi dei presenti soltanto il rombo che si allontanava. L'aereo risalì
la costa da Parigi fino alla Normandia, poi, sopra i tetti di Etretat,
virò decisamente verso ovest, tenendo alle spalle la muraglia grigiastra
delle falesie.
Il giorno successivo,
nonostante la scarsa visibilità ed il perdurare del maltempo, furono
avvistati al largo di Terranova, già quindi nei cieli del nuovo mondo. Il
peggio sembrava essere alle spalle e meno di sei ore li separavano dal
trionfo, sebbene anche New York fosse squassata da un clima talmente
avverso da far dubitare più d'uno sulla possibilità che Noungesser e Coli
riuscissero ad individuare l'aeroporto. Curioso destino quello dei pionieri: una notte burlona ti regala un sogno, ma non è di quelli soliti che il primo sbadiglio del mattino cancella; no, questo non se ne vuole andare, si aggrappa, come una zecca dentro la tua volontà, nella quale cresce nutrendosi della tua intelligenza e dei tuoi entusiasmi. Ti segue ormai in ogni momento della tua giornata, soffocando tutto quanto non lo riguarda; lui vive in te e tu vivi per lui. Ormai chi ti sta intorno pensa che tu sia pazzo od un povero illuso, ma tu credi in quel sogno e devi realizzarlo, non importa a quale prezzo.
Quando finalmente sarà tutto
concluso, o continuerai ad essere ricordato come un pazzo, oppure sarai
diventato un eroe. All'ultimo, la tua memoria riposerà quieta tra le
pagine di un libro di storia, mentre l'impresa che ti ha reso famoso sarà
in breve a disposizione di tutti, colazione e quotidiano compresi nel
prezzo. Quella colonna di fumo fu vista da pochi muti testimoni: la vide un'orsa che raccolse il suo cucciolo e corse via lontano perché quel fumo sapeva di cacciatori di pelli, la videro gli scoiattoli e fuggirono temendo che la foresta potesse prendere fuoco, la videro gli uccelli in volo e si fecero da parte per scansare quell'immenso rapace in picchiata a caccia di chissà quale preda, la vide il pellirossa, invecchiato nella riserva, e sognò che quello fosse il segno divino per la rinascita del suo popolo, la vide infine l'eremita che nulla sapeva del progresso, ma ben conosceva le sinistre apparizioni del demonio.
Il ventuno dello stesso
mese, un giovanotto americano di nome Charles Lindbergh, atterrò al Le
Bourget dopo un solitario incredibile balzo da New York a Parigi. Nella
sua carlinga riportava a Parigi il coraggio di Coli e Nungesser.
L'Oiseau Blanc |